Dieci centimetri di diametro e un foro centrale grande quanto una pallina da golf: ecco a voi il bagel, il panino col buco che non conosce confini – nel vero senso della parola, visto che ha viaggiato persino nello spazio. Diciotto bagel al sesamo, infatti, sono entrati in orbita nel 2008 insieme all’astronauta nordamericano Greg Chamitoff per un viaggio di sei mesi nel cosmo. «Un piccolo antidoto contro la nostalgia di casa», li ha definiti Chamitoff. È uno dei tanti aneddoti contenuti nel documentario «Bagelmania», uscito nel 2016, in cui la regista Sophie Kill ripercorre le tracce dell'anello di pasta lievitata improvvisamente salito alla ribalta alla veneranda età di 400 anni. Il bagel nasce infatti nel XVI secolo, se non prima, e ha alle spalle una storia piuttosto travagliata. «La storia del bagel è la storia del mondo», dichiara Kill. Perché sarebbero stati i migranti a portarlo da est a ovest, dall’Europa all’America.
Il signore degli anelli
Una specialità yiddish
Stabilire con esattezza l'esatto luogo di nascita del bagel è impossibile, anche perché in quasi tutte le culture esistono da tempo immemore prodotti da forno a forma di anello. Gli storici tuttavia collocano il primo bagel in Polonia, sulla base di un documento della comunità ebraica di Cracovia datato 1610. Pare che questo tipo di pane, il cui nome yiddish beygel o baygel deriva da beigen ossia «piegare», fosse in origine riservato alle puerpere e ai giorni di festa. L'etimologia del nome potrebbe però anche risalire al termine bougel, che nell’alto tedesco medio significava «anello». Di sicuro c'è che il bagel è approdato a New York verso la fine del XIX secolo, sull'onda dell’emigrazione ebraica dall’Est Europa, e lì ha acquisito il nome con cui lo conosciamo oggi. A Londra invece, dove è arrivato più o meno nello stesso periodo, ha conservato il proprio nome yiddish fino a pochi anni fa.
Come si cuoce? Prima al vapore, poi al forno
Ancor più appassionante della storia del bagel è la diatriba su cosa lo renda degno di essere chiamato tale. «Da cosa si riconosca un vero bagel è oggetto dei più accesi dibattiti», spiega la regista Sophie Kill. In effetti sono davvero pochi i prodotti da forno in grado d'infiammare a tal punto gli animi. I newyorchesi, ad esempio, sostengono unanimi che il bagel debba avere un sapore neutro e una consistenza piuttosto soda. A Montreal, invece, patria dell’astronauta Greg Chamitoff, lo preferiscono lievemente dolce, con mollica soffice e ariosa. L'unica cosa che mette tutti d'accordo è che deve essere tondo e avere un buco al centro. Quest’ultimo è d’importanza strategica, fra l'altro, perché permette al bagel di cuocere rapidamente mantenendosi leggero e croccante.
Prima di andare in forno i pezzi di pasta vengono cotti al vapore, così da ottenere la tipica crosta sottile e la mollica soffice e finemente alveolata. I puristi preparano l’impasto solo con farina, acqua, sale, lievito e malto d’orzo – la variante con aggiunta di uovo è già guardata con sospetto. Ma chi crede che il segreto del panino col buco sia tutto qui sbaglia di grosso, perché malgrado l’apparente semplicità della ricetta (o forse proprio in virtù di essa), ogni fornaio che si cimenti nella preparazione dei bagel ha una ricetta personale: può trattarsi di un particolare tipo di farina, delle proporzioni tra i singoli ingredienti o della provenienza dell’acqua.
Salmone e formaggio
Tutto il resto è frutto delle tendenze del momento o delle preferenze dei clienti. Se fino a ieri i bagel integrali erano il non plus ultra, oggi furoreggiano quelli arcobaleno o sushi e domani, chissà, potremmo trovarli al gusto pizza e magari persino per la Barbie. Ma le mode, è risaputo, vanno e vengono, mentre il bagel è di certo destinato a rimanere (preferibilmente farcito con salmone affumicato e formaggio spalmabile, lox and shmear in yiddish – per un panino con 400 anni sulle spalle che ha attraversato mezzo mondo non dovrebbe certo essere un problema, no?
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